I santuari come risposta alla "sfida" del New Age

(da "Avvenire" di mercoledì 26.5.1999)

Sul New Age consigliamo la lettura di:

Andrea Menegotto - PierLuigi Zoccatelli, Aldo Carletti - Massimo Introvigne, Marco Cantamessa (a cura di A. Menegotto), New Age: fine o rinnovamento? Le origini, gli sviluppi, le idee, la crisi, la "fine" del New Age e la nascita di un nuovo fenomeno: il Next Age. Una nuova sfida per la Chiesa (Presentazione di Giovanni Cantoni e Postfazione di P. Ferdinando Colombo), Sinergie Edizioni, S. Giuliano Milanese (Milano) 1999, di cui è possibile leggere una breve Presentazione

 

IL TESTO Il "tempio" e il popolo di Dio: la millenaria storia di un fenomeno spirituale, fino alle nuove domande religiose

"QUELLE PIETRE RISPONDONO ALLA SFIDA DEL NEW AGE"

Dai patriarchi all'uomo di fine millennio: attraverso la costruzione di questi luoghi si è sempre espresso il richiamo a un "oltre"

(F.O.) "Il santuario non è soltanto un'opera umana, ma anche il segno visibile della presenza dell'invisibile Dio". È forse questa la chiave di lettura del documento sui santuari diffuso ieri in Vaticano. Documento che giunge all'immediata vigilia del Giubileo, integra idealmente quello sui pellegrinaggi (tema al quale, come si ricorderà, anche la Cei ha dedicato una sua recente nota pastorale) e riporta l'attenzione di fedeli e "addetti ai lavori" sulla vera natura dei santuari, luoghi nei quali il mistero si fa più accessibile, "parla" al cristiano che da essi si sente non a caso attratto. Oltre all'Introduzione e alle Conclusioni, tre sono le parti del documento segnate da altrettante parole: del santuario viene infatti approfondita l'identità come "memoria dell'origine" (nel primo capitolo), "luogo della divina presenza" (nel secondo) e "profezia della patria celeste" (nel terzo). Memoria, presenza e profezia, tre affluenti teologici per uno scopo, in fondo, assai semplice quanto prezioso: "Apprezzare sempre più il servizio che i santuari rendono alla vita della Chiesa". Ma lasciamo la parola al testo: "In rapporto al passato unico e definitivo dell'evento salvifico, il santuario si offre come memoria della nostra origine presso il Signore del cielo e della terra; in rapporto al presente della comunità dei redenti, radunata nel tempo che sta fra il primo e l'ultimo Avvento del Signore, si profila come segno della divina Presenza, luogo dell'alleanza, dove sempre di nuovo si esprime e si rigenera la comunità del patto; in rapporto al futuro compimento della promessa di Dio, a quel "non ancora" che è l'oggetto della speranza più grande, il santuario si pone come profezia del domani di Dio nell'oggi del mondo".

Il santuario come luogo della "memoria". Dalle pietre erette dai patriarchi della Bibbia come altari e memoriali ai moderni edifici, i santuari documentano l'"azione potente di Dio nella storia". Già Israele non vuole "imprigionare" nel santuario "la presenza dell'Eterno" ma documentare come "il Dio vivo, che è entrato nella storia, che ha camminato con il suo popolo, vuol dare un segno della sua fedeltà e della sua presenza sempre attuale". Il santuario dunque "assume il carattere di memoria viva dell'origine dall'alto del popolo dell'alleanza, eletto e amato". Di più: esso "ricorda che la Chiesa nasce dall'iniziativa di Dio"; richiede in chi lo visita "un senso di meraviglia di fronte al dono di Dio", uno "spirito di adorazione" (tanto che "chi non è capace di stupirsi dell'opera di Dio non potrà neppure percepire il senso profondo e la bellezza del mistero del Tempio che nel santuario si fa riconoscere"); esige in chi lo visita "un'adeguata preparazione" per "poter cogliere al di là degli aspetti visibili, artistici o di folklore, l'opera gratuita di Dio evocata da vari segni".

Il santuario come luogo della divina "presenza". È il passaggio decisivo, come si coglie da una felice espressione del documento: "Il santuario di "pietre morte" rimanda a Colui che ci fa santuario di "pietre vive"". È insieme luogo dell'alleanza e della Parola, dell'incontro sacramentale e della comunione ecclesiale. Molte le suggestioni spirituali. Una tra tutte: "Nel santuario si apprende ad aprire il cuore a tutti, in particolare a chi è diverso da noi: l'ospite, lo straniero, l'immigrato, il rifugiato, colui che professa un'altra religione, il non credente", nella "certezza che il disegno di salvezza abbracci anche loro". Qui si rinviene anche uno degli spunti più attuali del documento: il santuario è anche "segno di contraddizione nei confronti di movimenti pseudo-spiritualistici, come ad esempio il New Age, perché a un generico sentimento religioso basato sul potenziamento esclusivo delle facoltà umane, oppone il forte senso del primato di Dio e la necessità di aprirsi alla sua azione salvifica in Cristo per la piena realizzazione dell'esistenza umana".

Il santuario come luogo della "profezia". Quale profezia? Quella del "Regno di Dio", che, citando la Bibbia, "si realizzerà quando 'io porrò il mio santuario in mezzo agli uomini per sempre'". In questa prospettiva "il santuario si offre come un segno profetico di speranza". "Nelle contraddizioni della vita, il santuario, edificio di pietra, diventa un richiamo alla Patria intravista, anche se non ancora posseduta". Un buon fondamento teologico per ricordare che il santuario è per antonomasia il luogo "aperto a tutti", oggi "in particolare alla moltitudine di persone che nella solitudine di un mondo secolarizzato e desacralizzato avvertono nel profondo del loro cuore la nostalgia e il fascino della santità.

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