Falun Gong - Intervista a Massimo Introvigne

(da "La Stampa"  di domenica 25.7.1999)

 L’esperto di nuove religioni – INTERVISTA

«Rischi per i principianti»

Introvigne: seguaci anche in Italia

di MARINA VERNA

- Massimo Introvigne, lei che è uno dei massimi esperti di sette e nuove religioni, come giudica la grande facilità con cui oggi si accede alle tecniche del Ki Gong? E’ davvero una via che si può percorrere da soli, come lasciano intendere l’esistenza di un sito Internet molto documentato e la vendita di manuali nelle librerie?

Come per tutte le tecniche di questo genere, yoga compreso, la via solitaria rischia di provocare dei pasticci. Soprattutto per un occidentale, praticare le tecniche orientali senza la guida di un maestro può essere controproducente. Ci sono dei rischi per lo spirito e dei rischi per il corpo. Si può cadere in depressione perché non si ottengono i risultati sperati. Oppure slogarsi una spalla o indolenzirsi le ossa, anche se questi non sono esercizi fisicamente violenti, ma piuttosto movimenti a metà tra meditazione e ginnastica. Senza un maestro che conosce la via e sa dove condurre il discepolo, ci si smarrisce. Nel migliore dei casi, si lascia perdere per delusione. In altri, si sbanda.

 

- Ma il Falun Gong non è relativamente semplice da capire e praticare?  

Il pericolo maggiore è scindere l’aspetto tecnico da quello etico. Il Xiu Lian, la via pratica (Gong), è la metà di un tutto. Ci sono cinque esercizi di difficoltà crescente che servono a risvegliare l’energia universale, il Falun, localizzata nel basso addome, affinché fluisca armoniosamente assicurando il benessere psicofisico. Sono movimenti del corpo, delle mani e della lingua sul palato che vanno eseguiti correttamente. Ma la via pratica deve andare di pari passo con la via morale, il Xinxing, che sviluppa la triplice saggezza, racchiusa nelle tre parole che sono il motto del movimento: Zhen, verità; Shan, compassione; Ren, tolleranza. Il maestro dice che la prima via senza la seconda, cioè la tecnica senza il perfezionamento morale, è diabolica e porta in direzione apposta a quella desiderata: Non al benessere ma al malessere.

 

- Che diffusione ha il Falun Gong al di fuori della Cina?

L’emigrazione cinese, il primo veicolo, l’ha portato soprattutto negli Stati Uniti e in Canada. C’è poi anche un movimento europeo, proprio il mese scorso hanno tenuto un congresso a Parigi, al quale hanno partecipato un migliaio di persone.

 

- E in Italia?

Direi che i seguaci sono nell’ordine delle centinaia. Il leader è un industriale tessile biellese. E’ considerato un movimento piuttosto tranquillo, ed è tutt’altro che controverso. Come d’altra parte ovunque al di fuori della Cina.

 

- E lei, che cosa ne pensa?

Non demonizzo certo il Ki Gong. Ha un’origine nobile e una grande tradizione. E’ diffuso in Cina da almeno duemila anni, è praticato da buddisti, taoisti e confuciani. E’ un po’ quello che per gli indiani è lo yoga. L’innovazione di Li Hongzhi non è nella tecnica, ma nel metodo di diffusione tra la gente. D’altronde oggi molte conoscenze spirituali, che un tempo si ottenevano soltanto attraverso una lunga e severa iniziazione in scuole semisegrete, arrivano direttamente nelle nostre case, se solo si è interessati.

 

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