Intervista a Heather Donahue,
attrice
protagonista del film The Blair Witch Project
(da «Avvenire» di giovedì 16.9.1999)
Sul film: Tutti
pazzi per la strega, una lettura di The Blair Witch Project
di Massimo Introvigne.
INTERVISTA Parla l'attrice Heather Donahue, una delle protagoniste del
film
«CHI L'HA DETTO CHE È UNA DONNA?»
di Massimo
Introvigne
Circondata dai suoi fan a
San Diego, in California, dove la incontro in occasione di un convegno, Heather
Donahue è - semplicemente - tutto quello che non è nel film: brillante,
spiritosa, sicura di sé. Apparentemente, l'essere passata in poche settimane da
un anonimato quasi completo alla copertina di Time non la turba.
- Lei è sempre stata
affascinata dalle streghe, dalla stregoneria, dall'occulto... o no?
«No. Sono un'attrice di teatro, e la magia
che conosco è quella di cui parla Shakespeare. Non sono particolarmente
appassionata ai film dell'orrore, anzi nego che The Blair Witch Project sia
un film dell'orrore - io lo chiamerei piuttosto un thriller psicologico».
- Ma un'idea sulle
streghe se la sarà fatta, no?
«Sì e no. Il film si
basa sull'improvvisazione e per improvvisare in modo convincente dovevamo sapere
abbastanza poco della "mitologia" di Blair Witch: non più di
quanto c'era scritto nella decina di pagine di traccia che avevamo a
disposizione. Forse il fatto che non sapessimo gran che di streghe e
stregoneria rende più verosimile il film».
- La strega del film
è una donna, e le si attribuiscono crimini orribili. Lei si è dichiarata una
femminista: la disturba?
«Chi ha detto che la
strega è una donna?».
- La «mitologia».
«Ma chi ha detto che la
"mitologia" è vera? Il film lascia aperte tutte le ipotesi: gli
studenti potrebbero avere incontrato un maniaco, per esempio».
- Forse le avranno
fatto questa domanda mille volte, ma come spiega il successo oltre ogni
previsione del film?
«Credo che il pubblico
sia stufo dei film che costano decine di milioni di dollari, e che questo
ritorno alle origini del cinema sia apprezzato come una protesta contro il
monopolio delle grandi case: o forse non è vero, ma mi piace crederci. Penso
anche che la paura sia parte della storia del cinema, e che la paura derivi
sempre, alla fine, non dalla quantità di effetti speciali ma dalla capacità di
rievocare paure primarie, ancestrali: l'acqua per Lo squalo o perdersi
nel bosco per Blair Witch».
- La sorprende
sentirsi chiedere spesso se la storia non è, per caso, vera?
«No: credo che l'idea che esista veramente una leggenda della strega di Blair crescerà col tempo; forse diventerà un elemento permanente delle leggende urbane - o rurali - americane. Naturalmente per sostenere che la storia sia vera bisogna spiegare come ho fatto a salvarmi, a non lasciarci la pelle. O forse io non sono io, ma un'aliena che si è sostituita alla vera studentessa Heather Donahue».