Spunta un altro castello del Graal

(da «Avvenire»  di giovedì 16.9.1999)

 

 

IL CASO Due eredi di Federico II sostengono di aver individuato il nascondiglio

del leggendario calice

 

E IN CALABRIA SPUNTA UN ALTRO CASTELLO DEL GRAAL

 

Vincenzo R. Spagnolo

 

Da quando, nell'anno del Signore 1188, il poeta francese Chretién de Troyes incluse nel suo Perceval le Gallois ou Le Conte du Graal alcuni versi in cui accennava a un fantomatico e mistico calice, la leggenda del Santo Graal non ha mai conosciuto sfortune. Così chiamato dal latino medievale cratella (coppa), ma identificato talvolta anche con una pietra o un libro, gli venivano attribuite proprietà miracolose, tra cui quelle di accecare gli impuri di cuore o di fornire cibo a chi era senza peccato. Qualità che hanno acceso nel corso dei secoli non solo l'interesse di studiosi e religiosi, ma persino la bramosia di avventurieri d'ogni specie che, emulando i mitici cavalieri della saga anglosassone di Re Artù, lo hanno cercato in ogni angolo della Terra. Qualcuno ricorderà il film Indiana Jones e l'ultima crociata, in cui i due archeologi interpretati da Sean Connery e Harrison Ford, padre e figlio nella finzione cinematografica, riuscivano a ritrovare il mitico calice.

Ora due donne, madre e figlia anche loro, affermano di essere riuscite nella realtà a compiere l'impresa che l'immaginazione di Steven Spielberg aveva declinato al maschile. Si tratta delle principesse Yasmin e Kathrin Von Hohenstaufen, nomi altisonanti per una discendenza più volte proclamata con

la casata di Federico II di Svevia. Le due principesse, docente di Storia medievale la madre e studentessa diciottenne la seconda, sostengono di aver scoperto nell'archivio del castello di famiglia un documento di epoca normanna secondo il quale il Graal si troverebbe a Roseto Capo Spulico, presso Trebisacce, nella provincia di Cosenza in Calabria.

Qui, sopra una roccia a picco sul mare, sorge uno dei tanti castelli federiciani del Meridione, il Castrum Petri Roseti, un vecchio maniero che oggi non conserva più nulla dell'antico splendore se non la fama derivante dalle molte leggende che ne avvolgono la storia. Eppure, secondo le due

scopritrici, in una delle sue torri perimetrali si celerebbe la preziosa reliquia.

La notizia, oltre a generare stupore fra gli abitanti della zona, ha suscitato anche la curiosità degli studiosi, che ora attendono dalle Hohenstaufen nuove rivelazioni. «Con molto scetticismo, però – puntualizza Franco Cardini, docente di storia medievale all'Università di Firenze e autore insieme a Massimo Introvigne e Marina Montesano del saggio Il santo Graal (Giunti) - Perché si tratta dell'ennesimo annuncio del ritrovamento di qualcosa che si cerca da più di un millennio. Da quando cioè, nel 614, i persiani che distrussero la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme portarono via le reliquie e forse anche la Coppa Santa». Una ricerca lunghissima: Glastonbury in Inghilterra, Dinas Bran nel Galles, il castello di Gisors in Francia, la cattedrale di Valencia in Spagna, ma anche la fortezza di Takht-I-Sulaiman in Iran e l'italianissimo Castel del Monte in Puglia sono solo alcuni dei luoghi in cui di volta in volta è stato rintracciata la presenza del Graal. «Tutti posti identificati in base a documenti o a leggende che spesso si sono dimostrate piste false – spiega ancora Cardini - perché andavano in cerca di un prodotto della fantasia letteraria e non di un oggetto fisico come il calice dell'Ultima Cena. Il Graal infatti non esiste, è frutto dell'immaginazione poetica di Chrétien de Troyes. Potrebbe esistere invece un recipiente di terracotta di quelli fabbricati al tempo di Gesù, usato per consumare l'Ultima Cena o scelto da Giuseppe d'Arimatea per raccogliervi il sangue sgorgato dal costato di Cristo dopo il colpo di lancia infertogli dal centurione».

 

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