Le croci di Dozulè
(da «Avvenire» - «Agorà» di domenica 4.7.1999)
CROCI DI DOZULE',
AMULETI CONTRO IL MALE
Anche in
Italia si diffonde una strana moda, che desta qualche perplessità
di Roberto
Beretta
Ce ne sono ormai nella provincia di Trento
e in quella d'Alessandria, a Treviso e a Udine, a Firenze e Spoleto, in molte
località nei dintorni di Verona e di Padova, a Chieti, Schio, Taranto e Olbia,
a Voghera e Zagarolo e Manduria...
Sono le «croci gloriose». Di che si
tratta? Per saperlo basta sfogliare la rivista "Il segno del soprannaturale"
di Udine, un mensile assai generoso con le apparizioni mariane (non solo quelle
riconosciute dalla Chiesa) e con le rivelazioni di «veggenti» più o meno
presunti: non c'è numero che non dia notizia di nuove costruzioni o non riporti
le foto di qualcuna di queste croci; a giugno persino in copertina. Del resto
le croci cosiddette «di Dozulé» spuntano a ripetizione nei giardini delle
villette a schiera e accanto alle strade, sulla cima delle colline come
nell'orto delle seconde case; con decine di esemplari l'Italia sarebbe già il
secondo Paese al mondo (dopo la Francia) per numero di croci. Né ci sarebbe
nulla di male se tanti singoli devoti o gruppi di preghiera sentono il bisogno
di innalzare - a casa loro e a spese proprie - un simbolo religioso così
trasparente. E invece...
Invece qualcosa non convince.
Anzitutto l'altezza: tutte queste croci, infatti, devono essere rigorosamente
di 7,38 metri di altezza, non un centimetro in più né uno di meno. E perché
mai? Ma non basta: come informa il «manuale di istruzioni» pubblicato dalla
stessa rivista, esse devono avere «bracci di 1,23 metri orientati da est a
ovest e posti a 1,23 metri dalla sommità. Ogni croce dovrà avere i colori di
Maria: l'azzurro per il profilo, il bianco per le facce nord e sud, che saranno
rivestite di policarbonato bianco che le renderà fluorescenti e luminose di
notte» (ma per l'illuminazione notturna sono ammesse anche «cellule
fotoelettriche e una batteria»...).
Facile - da una parte - mostrarsi
scettici di fronte a indicazioni così «celesti» e insieme tanto pratiche; e -
dall'altra - rischiare di offendere la sensibilità di persone (a quanto pare in
continuo aumento) che vogliono compiere in buona fede un gesto di forte valenza
religiosa. È meglio forse raccontare da dove vengono le croci dette appunto «di
Dozulé», una località della Normandia dove una certa Maddalena Aumont avrebbe
avuto 50 visioni mistiche negli anni Settanta, o «di Noumea», dall'isola del
Pacifico in cui è stato eretto il primo di tali manufatti. Proprio a Dozulé
Gesù Cristo in
persona avrebbe chiesto che la Chiesa
facesse costruire una «croce gloriosa» alta ben 738 metri (!), ovvero la
presunta altezza del Calvario sul livello del mare, per «colpire l'immaginazione
e spezzare la durezza dei cuori con le sue dimensioni spettacolari».
Però, visto che la «Chiesa
gerarchica» non ha voluto innalzare tale opera ciclopica (sulle rivelazioni» di
Dozulé non risulta esserci pronunciamento canonico, ma nel 1997 uno studio dell'Università
cattolica francese dell'ovest ha collocato il fenomeno nell'ordine della
«mistificazione»), il 16 luglio 1996 ancora Cristo avrebbe chiesto a un'altra
mistica francese - nota solo sotto la sigla di J.N.S.R. ("Je ne suis
rien": «Io non sono niente») - di far edificare migliaia di manufatti
almeno in scala 1 a 100: da cui la misura di 7,38 metri. «Ogni croce sarà
piantata come una sentinella che veglia su di voi e la città in cui sarà
costruita – avrebbe promesso la "voce", i cui messaggi sono stati
raccolti in vari volumi -. Le mie croci sono il riparo contro il male»,
eccetera.
Nello stesso tempo, peraltro, in
California la Madonna avrebbe comandato in visione a una sua devota di erigere
una «croce della pace» alta 220 metri e «con fori di 30 centimetri in cui sarà
inserito del vetro dorato al posto dei chiodi»: come dire che la Vergine e suo
Figlio non si sono accordati sulle misure... Insomma: il segno religioso, con
tutte queste regole misteriose e assolute, rischia di essere interpretato alla
stregua di un amuleto. E poi, c'è proprio bisogno che il Padreterno faccia le
veci del geometra?
LE CROCI DI DOZULÉ
Lettera ad "Avvenire" del 28.7.99
Egregio Direttore, non conosco nulla
di Roberto Beretta, ma il suo articolo di domenica 4 luglio, proprio nella
pagina di «Agorà», mi ha lasciato veramente perplesso e sconcertato. Mi
riferisco in particolare al pezzo di fondo pagina sulle «croci di Dozulé». So
che il giornalismo «mordi e fuggi» ha un suo genere letterario, ma qui mi
sembra che si sia oltrepassata la misura giungendo a espressioni irrispettose,
per non dire dissacranti, sulle «croci di Dozulé», come di «strana moda», di
«amuleti contro il male», di opere di un «Padre Eterno geometra». A tante
«finezze critiche», sia pure presentate come «rischio per il segno religioso»,
non sarebbe capace di giungere neanche un giornalista laico o massone.
Purtroppo certe cadute di stile e di contenuto sui «nostri» argomenti capitano
proprio a giornalisti cattolici. Lo ritengo un articolo superficiale: un giornalista
serio prima di scrivere ha il dovere di informarsi bene sui fatti e sui
documenti; e su «Dozulé» non mancano libri e studi seri e documentati che non
sono semplici «volumi», come dice il Beretta, ma «opere» con tanto di editrice,
al di là poi di una rivista («Il segno del soprannaturale») presentata
dal Beretta,
bontà sua, almeno come sospetta di
marianismo e veggentismo, col suo «manuale di istruzioni», che tra l'altro non
esiste propriamente in questa forma. Parlare di queste croci come di «manufatti»
con «regole misteriose e assolute», farsi la domanda: «e perché mai?»,
significa rivelare la propria superficialità e una ignoranza un po' maliziosa:
vuol dire come minimo che si è letto ben poco e non si è andati direttamente
alle fonti delle rivelazioni mistiche a Maddalena Aumont e a J.N.S.R:, per cui
risulta difficile capire i significati simbolici di queste croci e invece
risulta facile la presa in giro giornalistica della «voce», o della «visione»,
o del «disaccordo sulle misure». Se tutte le rivelazioni mistiche, i fenomeni
carismatici fossero lasciati al discernimento di «competenti» come il
Beretta... poveri noi, povera Chiesa! Tra l'altro il suo giornalista dice che
sulle «rivelazioni» di Dozulé non risulta esserci pronunciamento canonico, ma
solo uno studio universitario francese che le definisce
«mistificazioni». Invece, se si fosse
informato meglio, avrebbe trovato, a suo favore, il pronunciamento ufficiale
ecclesiastico sugli «avvenimenti» di Dozulé: le disposizioni del vescovo di
Bayeux del 24 giugno e dell'8 dicembre 1985. È vero che esse sono
sostanzialmente negative. Ma ciò non toglie che un cristiano possa invece
credere e aderire a queste rivelazioni, perché non è il primo casi di
pronunciamenti «canonici» non corretti e non veri: basta pensare ai
provvedimenti del Santo Uffizio contro Padre Pio, oggi beato, o alla negazione
delle apparizioni della Madonna a Ghiaie di Bonate. Io penso che un giornale
cattolico debba trattare questi argomenti con molto più rispetto per i diretti
interessati e per chi crede ancora che il soprannaturale può, se vuole, entrare
nel naturale, senza venire a chiedere il permesso e il giudizio «ai sapienti e
agli intelligenti», ma accontentandosi di essere capito e seguito dai
«piccoli», che guarda caso crescono sempre più di numero e di convinzione. Non
vorrei che la mia risposta fosse interpretata solo come polemica; preferirei la
si leggesse come sollecitazione a un dibattito, perché le «cose» legate a
queste «croci di Dozulé» sono così belle, così importanti per la Chiesa e per
il mondo, che val la pena farle
conoscere e discuterle seriamente. Coloro che credono in queste croci e le
mettono in opera come «pubblico sacramentale» del 2000 (ma si potrebbe dire di
loro molto di più) non sono solo dei fedeli che si possono giudicare «superstiziosi»,
come nel suddetto articolo, ma sono anche religiosi e sacerdoti ai quali si
deve riconoscere che almeno qualcosa sanno di spiritualità e di discernimento;
che un po' si intendono di teologia e di pastorale. Rispettiamo anche questo
clero che non va certo di moda, che non fa certo numero e voce, ma che ha tutto
il diritto di vivere in santa pace, con la sua gente semplice, anche questa
fede legata ai carismatici, ai mistici, ai veggenti; questa fede orientata
dalle devozioni, dai messaggi e dai segni del soprannaturale; un clero che
comunque non trascura né la superiorità della Sacra Scrittura, né
l'applicazione dei piani pastorali dei vescovi. - Don Bruno Borelli
Risponde Roberto Beretta:
Non m'illudevo certo di superare
indenne il campo minato che è il fenomeno delle cosiddette «croci di Dozulé», e
anzi mi sarei stupito del contrario (è arrivata, finora, anche un'altra lettera
del medesimo risentito tenore da parte del signor Antonio Mastrofrancesco di
Turi). È praticamente impossibile fare obiezioni e avanzare dubbi su argomenti
intorno ai quali le sensibilità sono tanto vive (e le convinzioni assolutamente
granitiche...) senza passare per superficiale, dissacratore, incompetente,
ignorante, malizioso e - perché no? - anche un po' «massone»... Gli è che non
l'ho fatto per gusto di provocare né per scetticismo nei confronti della religiosità
popolare (tutt'altro), e men che meno per masochismo, bensì perché - pur se non
sono affatto «teologo» e non mi sogno assolutamente di «discernere» alcunché -
al mio buon senso e (se permette, don Borelli) persino alla mia sensibilità di
cristiano semplice risultano davvero troppi gli elementi sospetti nel caso
delle «croci di Dozulé», proprio ora emergente in Italia. Ebbene sì, persevero
nel dichiararmi anch'io «perplesso e sconcertato» dalle presunte «rivelazioni»
di Dozulé e dagli effetti che esse potrebbero provocare, reverendo lettore,
proprio sulla «gente semplice» e i «piccoli» di cui lei si fa paladino. Non
voluti, magari. In buona fede, certamente. Ma - secondo me - più che probabili.
Provi a pensare alle rivelazioni che Gesù Cristo avrebbe fatto alla «mistica»
J.N.S.R. (tra parentesi: un ambiguo acrostico che in francese allude all'umiltà
di chi vi si nasconde sotto, ma che ha pure le stesse iniziali di Gesù Nazareno
Salvatore e Re...): ben 4 volumi - o
libri, se preferisce - di complessive 1400 pagine, più o meno come la Bibbia.
Secondo lei, non si rischia di sconcertare proprio la «gente semplice» mettendo
(almeno visivamente) alla pari i testi rivelati e quelli (dubbi) di J.N.S.R.?
Poi le famose misure: la croce è un segno sempre benedetto, che sia alto due
centimetri o 32 metri; indurre a costruire solo croci di 7,38 metri - con
determinati colori, luci, proporzioni, eccetera - a suo parere non induce
proprio i famosi «piccoli» a considerare il segno alla stregua di un talismano?
Un manufatto che, magari sistemato in giardino, garantisce ipso facto
protezione e sicurezza («Questa croce proteggerà i luoghi circostanti e le
persone nelle prove presenti e future», avrebbe promesso Cristo a J.N.S.R.)?
Secondo me il pericolo è più che reale, e il messaggio ambiguo. Del resto, come
lei stesso ricorda, non sono il solo a pensarla così. E lei si assume la sua
responsabilità a giudicare «non corretto e non vero» il magistero di un
vescovo, che pure - altrettanto se non più dei sacerdoti che divulgano le croci
– dovrebbe sapere «qualcosa di spiritualità e discernimento» nonché «di
teologia e pastorale»... Con ciò (ma si potrebbe dire parecchio altro, magari rileggendo
l'interessantissimo studio dell'università cattolica francese da me citato
nell'articolo) non presumo affatto di averla convinta, né con lei i vari fans
di Dozulé; ma rivendico di dissentire dalle idee mantenendo il rispetto delle
persone. Se lei davvero non vuole «aprire una polemica», bensì «un dibattito»,
faccia altrettanto col soprascritto, per cortesia: a rigore, per essere
cattolici, non è necessario credere nemmeno alle apparizioni di Lourdes.
Figuriamoci fare di Dozulé un dogma.