Rapporto degli U.S.A. sulla libertà
religiosa
(notizia ZENIT di lunedì 20 settembre 1999)
Il testo completo del Rapporto
è disponibile (in inglese) sul sito del CESNUR.
La settimana scorsa gli U.S.A. hanno pubblicato
il loro primo rapporto annuale sulla libertà religiosa
nel mondo. Il documento ha rilevato
violazioni in molti paesi: Cina, Afganistan, Iran, Iraq, Arabia Saudita e
Egitto, tra gli altri. Il 27 ottobre del 1998 il Presidente degli U.S.A. ha
firmato la legge che ha dato vita all'incarico di Ambasciatore Straordinario
della Libertà Religiosa. Esso esige che ogni anno il Dipartimento di Stato
presenti un rapporto sulla libertà religiosa nel mondo.
Si è istituita una commissione di
nove persone per esaminare questo tema e per stendere delle raccomandazioni al
Presidente, al Segretario di Stato e al Congresso. Il rapporto copre il periodo
dal gennaio 1998 al giugno di quest'anno e conclude che "molta della
popolazione mondiale vive in paesi dove il diritto alla libertà religiosa è
ristretto o proibito".
Di seguito presentiamo alcune delle
osservazioni contenute nel rapporto.
La mancanza di libertà
Il testo comincia osservando che lo scorso
anno si sono celebrati i 50 anni dalla proclamazione della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani dell'ONU e che, inoltre, negli anni Novanta il
numero dei regimi democratici è grosso modo duplicato.
Tuttavia, sono ancora molto comuni
gli abusi contro i diritti umani in molte parti del mondo. Con una certa
frequenza le diversità di religione sono mescolate ad altri elementi, etnici o
politici. Pertanto, non è sempre facile determinare se la persecuzione sia
esclusivamente religiosa o no. Tale sarebbe il caso dell'azione della Serbia
contro il Kosovo, della Cina contro il Tibet e del Sudan contro i ribelli nel
sud del paese.
Nel mondo sono 144 i paesi che hanno
firmato l'accordo dell'ONU sui diritti civili e politici. Tra le altre clausole
di tale documento, ce ne è una che garantisce la libertà di praticare la
propria religione. Ciò nonostante, tra un buon numero dei firmatari, c'è
divergenza tra le promesse e la pratica. Il rapporto identifica varie cause che
danno luogo agli atti di persecuzione religiosa da parte di governi. I regimi
autoritari desiderano controllare la pratica religiosa dei suoi cittadini,
perché percepiscono la religione come una minaccia all'ideologia ufficiale.
Altri governi sono ostili alle fedi
di gruppi minoritari. Ecco i principali luoghi dove ci sono abusi.
Il governo dell'Afganistan perseguita
i gruppi di musulmani che non seguono l'interpretazione dei Talibán, e ha
stabilito dure pene per la non osservanza delle regole sul modo di vestire.
In Birmania le autorita' continuano a
perseguitare i monaci buddisti che promuovano i diritti civili e
politici e hanno persino distrutto
alcuni monasteri, chiese e villaggi. Ci sono anche stati degli abusi
(fisici) contro il clero cristiano
per impedire che possa evangelizzare e forme di coercizione contro
i conversi al cristianesimo.
Il rapporto critica il governo cinese
per la mancanza di tolleranza e le dure sanzioni alle persone a causa delle
loro convinzioni. La polizia ha chiuso luoghi di culto e torturato,
specialmente monaci buddisti. Inoltre, in alcune regioni (Tibet e Sinjiang),
membri di varie religioni sono stati perseguitati. Altri obiettivi del governo
sono i cattolici e i protestanti che non appartengono alle chiese ufficiali.
Quanto alla situazione a Cuba, c'è
spionaggio delle attività religiose con l'infiltrare agenti del governo, si
intimidiscono i chierici. Il Governo opera per sloggiare i gruppi dai loro
luoghi di culto e incarcera gli attivisti religiosi.
Inoltre, le autorità negano
l'iscrizione di nuovi gruppi al registro statale, il che li rende vulnerabili
all'accusa di associazione illegale. Benché nel 1991 il governo abbia tolto
l'obbligo di iscrizione al Partito comunista da parte dei credenti, ancora
minaccia i membri delle Forze Armate se permettono che i membri delle loro
famiglie pratichino qualche religione.
Iran. Il regime è colpevole di una
campagna di sradicamento dei seguaci del gruppo di Baha'i per mezzo di
incarcerazione, della profanazione di luoghi sacri, della negazione del
diritto di riunione e della negazione
di accesso all'università. Si è arrivati a giustiziare alcuni membri
Baha'i per le loro convinzioni. Anche
altre minoranze religiose, come ebrei e cristiani, hanno sofferto
persecuzione. In Iraq il governo di
Sadam Husein ha perseguitato per decenni i musulmani sciiti, profanandone i
villaggi, arrestando decine di migliaia di fedeli e assassinandone i leader
religiosi. C'è anche una persecuzione sistematica dei cristiani assiri e
caldei, che sono oltre 350.000.
In Asia il rapporto identifica la
Corea del Nord come posto in cui c'è la più dura repressione contro la
religione. In Vietnam il governo utilizza il sistema dell'iscrizione per
controllare l'attività religiosa. Il clero di vari gruppi è stato incarcerato
in modo arbitrario. Anche in questo momento ci sono dalle 30 alle 50 mila
persone in carcere per la loro fede.
In Pakistan la legislazione ha
promosso un ambiente d'intolleranza religiosa, che è sfociato in atti di
violenza contro cristiani, indù ed
altri. Benché sinora nessuno sia stato giustiziato, la legge contro i
"blasfemi" è stata rinforzata e alcune persone sono state condannate
a morte. Peraltro, gli estremisti hanno assassinato persone accusate di
blasfemia, senza patirne conseguenze penali.
In Arabia Saudita il governo promuove
la maggioranza sannita mentre gli sciiti sono discriminati. I non musulmani,
non possono praticare il loro culto in pubblico e le conversioni sono illegali.
In Sudan la guerra civile tra i
musulmani del governo e i ribelli nel sud del paese (cristiani e animisti), ha
dato luogo a clamorosi abusi contro le minoranze religiose. Il regime sottopone
i credenti alla detenzione, minacce, violenza e alla conversione forzosa. Il
governo ha bombardato dei comuni e reso schiave molta persone, in gran parte a
causa della loro fede.
Limiti del rapporto
Si potrebbe continuare dando altri
esempi delle circa mille pagine del rapporto del Dipartimento di Stato. La
lista dei paesi che non rispettano la libertà religiosa è lunga: India, Russia,
Turchia, Serbia, Eritrea, Bielorussia, per menzionarne solo pochi altri.
Tuttavia, non tutti sono soddisfatti del rapporto. Nina Shea, direttrice del
Centro Libertà Religiosa della "Freedom House", è una di quelli che
hanno criticato il Dipartimento di Stato. Nina Shea osserva che il rapporto
accentua aspetti positivi e concede
il beneficio del dubbio ad alcuni governi che sono alleati degli U.S.A., come
Egitto e Arabia Saudita. Inoltre, afferma che la parte sul Sudan è troppo
morbida
nella sua critica al governo.
Tuttavia, sebbene il rapporto non sia perfetto, costituisce un buon inizio e
rappresenta una valida fonte sulla situazione della libertà religiosa nel
mondo.
(tr. it. di David Botti)